Orazio Antinori, un uomo dalle suole di vento

Personaggi illustri conosciuti dall'Antinori

  • 1800

  • 1811

    Orazio Antinori nacque a Perugia il 23 ottobre 1811 dal Marchese Gaetano Antinori e da Tommasa Bonaini Boldrini.

  • 1828

    Nel 1828 studiò Scienze Naturali presso il Collegio dei Padri Benedettini dell’Abbazia di San Pietro in Perugia.

  • 1837


    Tra il 1837 ed il 1841 collaborò con Carlo Luciano Bonaparte (Parigi 1803 – Parigi 1857), Principe di Canino, per la realizzazione e pubblicazione dei libri “Iconografia della fauna italica” e al “Conspectus generum avium”.

  • 1848

    Giuseppe Garibaldi (Nizza 1807 - Caprera 1882)

  • 1856

    Nel contesto dei grandi esploratori italiani ed europei dell’Ottocento, la figura di Carlo Piaggia (Badia di Cantignano, 1827 - Carcoggi, 1882) spicca come una delle poche che emersero non dall’aristocrazia o dall’alta borghesia dell’epoca, bensì dal mondo contadino più povero, sfruttato, umiliato e discriminato. Dopo cinque anni trascorsi in Egitto, nel 1856, il Piaggia risalì il Nilo fino a raggiungere Khartoum, nel Sudan, una delle principali basi per gli esploratori europei dell’epoca diretti verso il cuore del continente alla scoperta delle sue tante meraviglie e dei suoi “misteri”.

  • 1857

  • 1859

  • 1860

    Da Khartum, insieme con il savoiardo Alessandro Vayssière e con il lucchese Carlo Piaggia compì la sua I° Grande Spedizione verso il Cuore del continente, risalendo il Fiume Nilo Bianco, fino alla confluenza con il Bahr el Ghazal (il “Fiume delle Gazzelle”).

  • 1863

  • 1864

  • 1866

  • 1867

  • 1869

  • 1870

  • 1876

  • 1877

  • 1879

    il Re Menelik affidò all’Antinori 95 ettari per l’istituzione di una Stazione Geografica in Lét Marefià, il primo “Centro Studi Naturalistici” italiano fondato fuori dai confini nazionali.

  • 1882

I rapporti culturali e le relazioni di amicizia intrattenute dall’Antinori con alcuni dei più noti naturalisti-viaggiatori ed esploratori italiani dell’epoca, quali Carlo Luciano Bonaparte, Giacomo Doria, Odoardo Beccari, Tommaso Salvadori, Arturo Issel, Luigi Maria D’Albertis, Carlo Piaggia, Antonio Cecchi, Giovanni Chiarini, Giuseppe Bellucci e molti altri ancora, consentiranno di estendere l’area di interesse di tale percorso anche a questi personaggi, figure di primo piano per meglio comprendere la storia e l’evoluzione del pensiero scientifico e della museologia naturalistica italiana, come anche la storia delle esplorazioni italiane in altri continenti ed il contributo del nostro Paese alla “scoperta” della biodiversità mondiale.

Il Piaggia…
da mugnaio ad esploratore!

Nel contesto dei grandi esploratori italiani ed europei dell’Ottocento, la figura di Carlo Piaggia (Badia di Cantignano, 1827 - Carcoggi, 1882) spicca come una delle poche che emersero non dall’aristocrazia o dall’alta borghesia dell’epoca, bensì dal mondo contadino più povero, sfruttato, umiliato e discriminato. Il Piaggia nacque infatti da una famiglia della Toscana rurale, terzogenito di sette fratelli e due sorelle e fin da ragazzino, per guadagnarsi il minimo per sopravvivere, fu costretto a lavorare duramente. Nel 1849 una devastante epidemia di tifo si abbatté nella zona decimando gran parte della sua famiglia. Fu questa terribile esperienza che fece innescare nel giovane Piaggia il desiderio di lasciare le miserie della sua terra, per fuggire altrove, in cerca di avventura e di fortuna. Nel 1851 lasciò l’Italia per trasferirsi prima a Tunisi e poi ad Alessandria d’Egitto. Dopo cinque anni trascorsi in Egitto, nel 1856, il Piaggia risalì il Nilo fino a raggiungere Khartoum, nel Sudan, una delle principali basi per gli esploratori europei dell’epoca diretti verso il cuore del continente alla scoperta delle sue tante meraviglie e dei suoi “misteri”. Da Khartoum l’ex mugnaio di Badia di Cantignano, autofinanziandosi i viaggi, si spinse più volte nelle remote regioni del Sudan meridionale, attraversando le distese di paludi delle pianure alluvionali del Nilo Bianco e del Bahr el Ghazal, nei territori delle popolazioni nilotiche dei Dinka, Nuer, Shilluk, Bari, Mandari, fino a raggiungere le poco conosciute terre degli Azande, i misteriosi “Nyam-Nyam”, nell’attuale Alto Congo. In alcuni viaggi gli fu compagno proprio O. Antinori, con il quale condivise il primo tentativo, poi fallito a causa delle pesanti condizioni climatiche della “Stagione delle piogge”, di esplorazione della “Terra dei Nyam Nyam” nel 1860. Del Piaggia, oltre a ricche ed interessanti collezioni etnografiche, oggi disperse in varie strutture museali italiane, ci rimangono pochi suoi scritti e numerose testimonianze di coloro che ebbero la fortuna di conoscerlo e che lo descrissero come un “uomo semplice”, dalla grande umanità e caratterizzato da una infinita e continua curiosità verso i costumi e le usanze delle popolazioni locali, che rispettò ed ammirò, scevro da ogni forma di “europea superiorità” o di paternalismo, riuscendo così ad allacciare rapporti d’amicizia con le più diverse comunità con cui entrò in contatto.

Menelik, il Re dello Shewa e poi…
Imperatore d’Etiopia

Nel corso del suo lungo viaggio in Etiopia, Orazio Antinori dovette molte delle sue fortune all’amicizia con l’allora sovrano del Regno di Shewa, il Negus Menelik. Antinori rimase affascinato dalla figura del Re dello Shewa, che nei suoi appunti di viaggio descrisse come un monarca particolarmente illuminato, aperto alle innovazioni, interessato a sviluppare contatti con altre realtà culturali, prodigo con il suo popolo e disponibile ed ospitale con gli stranieri di passaggio nel suo regno. Menelik (al secolo Sahle Maryam) nacque ad Angolela, nei pressi di Ankober, nel 1844 e fu Negus (Re) dello Shewa dal 1865 sino al 1889, durante l’Impero di Yohannes IV° . Con la morte di quest’ultimo, nel 1889 Menelik venne incoronato Negus Neghesti, ossia Imperatore d’Etiopia. Nel 1889 lasciò Ankober per trasferirsi nella nuova capitale dell’Impero, da egli stesso fondata intorno alle fonti idrotermali di Finfinnì, la città di Addis Ababa (che in Lingua Amharica significa “Nuovo Fiore”). L’intero periodo imperiale di Menelik II° fu caratterizzato da grandi successi militari, in particolare durante le guerre per l’ampliamento dei confini dell’Impero e poi nel corso del conflitto contro l’Italia che, dalla vicina Colonia dell’Eritrea, tentò di invadere le regioni settentrionali dell’Etiopia. Durante il primo conflitto Italo-Etiopico, Menelik si distinse per l’abilità nell’organizzare le proprie armate e nel condurre le azioni belliche, divenne così l’indiscusso eroe della battaglia di Adwa, del 1 Marzo del 1896, quando gli Etiopi sconfissero l’esercito italiano d’invasione, uccidendo oltre 7.000 soldati italiani e ponendo vittoriosamente fine al primo tentativo di conquista coloniale dell’Abissinia da parte del Regno d’Italia. Menelik, dopo un lungo e luminoso periodo di potere, morì nel 1913 ad Addis Ababa. Nella storiografia ufficiale dell’Etiopia, si riconoscono a questo sovrano i grandi meriti di avere unito e modernizzato il Paese, di avergli dato una nuova capitale, ma soprattutto di essere riuscito a sconfiggere l’Italia, avendo così mantenuto la Nazione Etiope libera ed indipendente, in un continente africano, allora, interamente soggiogato dal colonialismo europeo. “Appena varcata la soglia del recinto reale, fummo recati alla presenza del re, che trovammo assiso sopra una specie di divano nel bel mezzo dell’atrio della sua capanna, testa e piedi nudi, coperto il corpo da un paio di brache bianche, da uno sciamà di cotone bianco bordato di rosso, e con sopra le spalle una cappa di panno celeste con cappuccio. E’ un uomo ben portante, di 32 anni di età, capelli e barba nerissimi, tratti del volto regolari ed indicanti la nobiltà della sua stirpe. Il suo sguardo è benigno, franca e parca la parola ed indicante sempre la rettitudine dei suoi giudizi. Credo di non ingannarmi, quando asserisco, che è forse il miglior uomo che regni non solo, ma che esista in tutta l’Abissinia.” Orazio Antinori, 1876

Odoardo Beccari

Nato a Firenze il 19 novembre 1843, da una famiglia della media borghesia, durante i suoi primi studi, cominciò a manifestare un sempre più forte interesse verso le Scienze Naturali ed in particolare per la botanica. Si laureò presso all’Università di Bologna nel 1864. Nel 1865, insieme al ligure Giacomo Doria compì il suo primo grande viaggio extraeuropeo, nell’allora “Rajato di Sarawak”, nel Borneo, dove rimase sino al 1868. Tornato in Italia, a Firenze, fondò il “Nuovo Giornale Botanico Italiano”. Il 14 febbraio 1870 il Beccari partì di nuovo per una spedizione nell’Africa Nord-orientale, insieme ad Orazio Antinori, grazie ad un incarico commissionatogli dalla Società Geografica Italiana. Durante tale viaggio il botanico fiorentino, dalle coste del Mar Rosso si spinse fin nel cuore degli altopiani dell’Eritrea, raggiungendo il remoto “Paese dei Bogos” dove raccolse numerosi campioni vegetali, oggi conservati presso gli erbari dell’Università di Firenze. Dopo un breve rientro in Italia, ormai “contagiato” dalla natura dei Tropici e sempre più insofferente nei confronti della “vita sedentaria”, nel 1871 ripartì di nuovo, questa volta per un lungo viaggio che si protrasse sino al 1876, nelle più lontane isole degli arcipelaghi indonesiani orientali ed in Nuova Guinea, dove visitò soprattutto le regioni Nord-occidentali della grande isola, in compagnia dell’amico esploratore genovese Luigi Maria D’Albertis. Tornato in patria, vi rimase il giusto tempo necessario per organizzare una nuova spedizione, ancora nell’estremo Sud-est dell’Asia ed in Oceania. Così, improvvisamente, ripartì alla fine del 1877, per recarsi in Australia, Nuova Zelanda e poi di nuovo in Indonesia, dove soggiornò a lungo nell’isola di Sumatra. Durante questi ultimi viaggi il Beccari raccolse imponenti collezioni botaniche e riuscì a individuare nuove specie vegetali, tra le quali una gigantesca Aracea delle foreste di Sumatra, oggi nota come Amorphophallus titanum, la cui infiorescenza a spadice può raggiungere i 3 m di altezza. Nel corso di tutti i suoi viaggi, gli interessi maggiori del Beccari furono rivolti allo studio delle palme (Arecaceae), delle quali venne riconosciuto, nell’Ottocento, come uno dei maggiori esperti a livello mondiale. Si spense a Firenze nel sonno il 25 ottobre 1920.

Luigi Maria D’Albertis

Luigi Maria D’Albertis…un ligure nel cuore della Nuova Guinea! Luigi Maria D’Albertis (Voltri 1841 – Genova 1901), fu uno dei più scaltri naturalisti-viaggiatori dell’Ottocento italiano. Nato a Voltri da una famiglia della media borghesia, durante gli studi, iniziò a manifestare un forte interesse verso le Scienze Naturali ed in particolare nei confronti delle grandi esplorazioni in terre lontane, in questo pure stimolato dal cugino, il noto viaggiatore Enrico Alberto D’Albertis. Un contributo determinante alla sua formazione scientifica, fu l’amicizia che riuscì a stabilire, nel corso degli anni, con Giacomo Doria, uno dei più noti naturalisti italiani dell’epoca. Dopo aver partecipato alla “Spedizione dei Mille” n ella marcia verso Palermo, rientrato a Genova, il giovane D’Albertis, riprese da puro autodidatta i suoi studi naturalistici, apprendendo anche le prime tecniche di tassidermia. Così, nel 1871, il D’Albertis decise di lasciare l’Italia per un lungo viaggio alla volta dei Mari del Sud” che lo porterà sino in Nuova Guinea, allora una delle mete considerate più lontane ed inaccessibili per gli “occidentali”. Il naturalista-viaggiatore ligure rimase letteralmente sconvolto dalla struggente e selvaggia bellezza di quella remota isola equatoriale, in gran parte ammantata da lussureggianti foreste pluviali. Si trattò della prima di una serie di spedizioni che dal 1871 al 1873 e poi dal 1876 al 1877 gli permisero di esplorare regioni del tutto sconosciute ai naturalisti europei dell’epoca. D’Albertis, ad esempio, fu il primo “uomo bianco” a risalire il Fiume Fly e ad addentrarsi sino alle pendici delle imponenti catene montuose che si innalzano nel cuore dell’isola, in terre abitate da tribù Papua mai contattate dagli europei. Rientrato in Italia, fortemente debilitato da varie malattie tropicali, si dedicò alacremente alla sistemazione e traduzione in inglese e francese dei suoi appunti di viaggio, che furono poi pubblicati nel 1880 con il titolo “Alla Nuova Guinea, quello che ho veduto e quello che ho fatto”. Insofferente della vita cittadina genovese, decise di trasferirsi in Sardegna, dove visse quasi in pieno isolamento, in compagnia di un cane e di una….volpe! Tornato a Genova, morì nel 1901, a sessanta anni d’età e…senza un quattrino! Diversi campioni ornitologici raccolti dal D’Albertis in Nuova Guinea, grazie a donazioni del naturalista ligure Giacomo Doria, entrarono a far parte delle Collezioni Antinori, attualmente ospitate nella Galleria di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Perugia a Casalina (Deruta, PG)

Giacomo Doria… da Genova al Sarawak!

Giacomo Doria (La Spezia 1840 - Borzoli 1913) nacque da una famiglia della nobiltà ligure e sin da giovanissimo manifestò forti interessi per gli studi naturalistici. Durante la sua giovinezza, pur seguendo regolari corsi universitari, svolse numerose campagne di ricerca in proprio, soprattutto in ambienti cavernicoli, per lo studio degli organismi ipogei, allora molto poco conosciuti, divenendo così uno dei primi “pionieri” della biospeleologia in Italia. Dopo un primo grande viaggio extraeuropeo nel 1862, negli altopiani della Persia, Giacomo Doria, nel 1865, insieme all’amico fiorentino, il botanico Odoardo Beccari (Firenze 1843 – 1920), salpò dal porto di Genova, alla volta del lontano “Rajato del Sarawak”, nell’isola del Borneo, dove soggiornò per qualche mese, ospite di James Brooke (Secrore 1803 – Burrator 1868), il famoso “Rajah bianco”. James Brooke, fu governatore del Sarawak, per conto della Gran Bretagna, ed in accordo con il Sultano del Brunei, dal 1842 sino al 1868 e grazie alla sua forte passione verso le Scienze Naturali, si rese disponibile a fornire appoggio ed assistenza in loco a non pochi naturalisti europei impegnati nello studio della biodiversità dei diversi ambienti del Borneo. Rientrato in Italia, il 24 Aprile del 1867 fondò il Museo Civico di Storia Naturale di Genova, allora ubicato in una elegante palazzina all’interno dei giardini della Villetta Di Negro, nel cuore della città. Il Doria fu direttore di questa importante istituzione scientifica per oltre quaranta anni. Fra il 1891 ed il 1900 fu Presidente della Società Geografica Italiana (S.G.I.). Fu inoltre Senatore del Regno d’Italia nella XVII Legislatura e Sindaco della Città di Genova, tra il 16 Marzo ed il 7 Luglio 1891. Nonostante i vari impegni di carattere politico ed amministrativo, il Doria rimase sempre fortemente legato al mondo delle Scienze Naturali e rappresentò, un vero e proprio punto di riferimento per innumerevoli giovani naturalisti italiani, verso i quali esercitò una forte influenza culturale.Orazio Antinori fu molto amico del Doria ed intrattenne con lui una stretta corrispondenza epistolare, durante la lunga permanenza nel Regno di Shewa, dal 1876 sino al 1882. A Giacomo Doria, sono state dedicate non poche specie animali scoperte in quegli anni, tra queste il Falco di Doria (Megatriorchis doriae), delle foreste umide sempreverdi della Nuova Guinea, classificato dall’ornitologo marchigiano Tommaso Salvadori, su un campione raccolto dall’esploratore ligure Luigi Maria D’Albertis, nel 1875, in Papuasia.

Adelardo Tommaso Salvadori Paleotti
(Porto San Giorgio, 1835 – Torino, 1923)!

Tommaso Salvadori fu il più eminente naturalista italiano tra Ottocento e Novecento ed uno degli ornitologi europei più stimati dell’epoca. Pur non avendo mai compiuto attività esplorative extraeuropee si dedicò così tanto allo studio dei campioni delle collezioni esotiche conservate in diversi musei naturalistici italiani ed europei, da divenire uno dei massimi esperti mondiali delle avifaune di varie regioni tropicali del pianeta, in particolare degli arcipelaghi dell’Asia Sud-orientale e della Nuova Guinea. Il Salvadori nacque nel 1835 a Porto San Giorgio, nelle Marche, dove, fin da bambino, cominciò a manifestare un forte interesse per le Scienze Naturali. Ottenuta la laurea in medicina, attratto dal movimento garibaldino ed animato da un forte fervore risorgimentale, decise di contribuire alla campagna per l’Unità d’Italia, così nel 1860 partecipò alla “Spedizione dei Mille” con la qualifica di “Ufficiale medico”. Nonostante i numerosi impegni politici e sociali ed i non pochi problemi personali che lo afflissero, il Salvadori mai accantonò i suoi interessi naturalistici e continuò a portare avanti gli studi zoologici, anche sul campo. Nel 1863, in compagnia dell’amico perugino O. Antinori, compì una spedizione in Sardegna, dalla quale riportò nel “continente” una interessante mole di campioni e dati sull’avifauna sarda. Trasferitosi a Torino, grazie all’impegno profuso nello studio dei campioni delle collezioni ornitologiche del Museo di Scienze Naturali di quella città, si guadagnò il titolo di Assistente presso il museo, per venirne poi nominato Vice-direttore nel 1879. Durante tale importante incarico il Salvadori si prodigò moltissimo nell’arricchimento delle collezioni del museo, tramite la sua ampia rete di contatti e di amicizie sia con vari naturalisti-esploratori italiani dell’epoca (O. Antinori, O. Beccari, G. Doria, L. M. D’Albertis) sia con le direzioni di altri musei di storia naturale d’Europa. Il Salvadori curò pure la pubblicazione di cataloghi tematici sulle collezioni ornitologiche presenti nell’allora Sezione di Storia Naturale del British Museum di Londra. Noto il suo ampio contributo allo sviluppo della cultura naturalistica mondiale, al Salvadori sono state dedicate molte specie e/o sottospecie di Vertebrati. Tra queste figurano il Varano del Salvadori (Varanus salvadorii), delle formazioni a mangrovie e delle foreste umide della Nuova Guinea e lo Storno crestato del Salvadori (Onychognathus salvadorii), delle regioni aride e rocciose del “Corno d’Africa”. Il Comune di Fermo, nelle Marche, ha voluto istituire Il Museo di Storia Naturale “Tommaso Salvadori”, che ospita interessanti raccolte ornitologiche.

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