Orazio Antinori, un uomo dalle suole di vento

Una vita in viaggio



"Meglio cento volte la tenda del beduino, meglio il dorso del cammello, meglio la continua lotta e la sublime incertezza del domani. Queste parete mi affogano. Al deserto, al deserto, voglio morire in Africa, libero come la Natura"

Orazio Antinori
(Perugia 1811 - Let Marefia 1882)

Ritrato

Ritrato Orazio Antinori

L'infanzia

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Arco etrusco, Perugia. 1800 ca

Orazio Antinori nacque a Perugia il 23 ottobre 1811 da Gaetano e da Tommasa Bonaini Boldrini. Il piccolo Orazio cominciò a manifestare un forte interesse verso le scienze naturali già dalla più tenera età. Il palazzo di famiglia, ubicato in quella che è oggi Piazza Italia, divenne per il giovanissimo Antinori una sorta di “campo base” per lo svolgimento di escursioni sul territorio che lo portarono sempre più a conoscere ambienti, flora e fauna delle campagne perugine, appena al di là della cinta muraria della città. Così, in una “natura addomesticata” tra uliveti, vigneti, campi, ma anche nei lembi residui di incolti, arbusteti e boschi, sopravvissuti a due passi dal centro storico di Perugia, Orazio cominciò a sviluppare e ad acuire sempre più tutte quelle capacità di attenta e dettagliata osservazione e di “esplorazione” degli ecosistemi, in tutti i loro più vari componenti, così essenziali per la formazione di un buon naturalista.

I primi studi

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Abbazia di San Pietro, Perugia. 1880 ca

Giunto all’età degli studi, fu iscritto dalla famiglia al Collegio dei Padri Benedettini dell’Abbazia di San Pietro di Perugia, dove però non manifestò alcun particolare interesse per le cosiddette “discipline classiche”, tanto che nel 1828 lasciò il collegio senza l’ottenimento di un diploma. Nonostante ciò, grazie agli stimolanti insegnamenti del monaco Barnaba Lavia e del prof.Luigi Canali, riuscì a mantenere ed a rafforzare i suoi interessi verso le scienze naturali ed a cominciare a raccogliere campioni zoologici costituendo delle vere e proprie collezioni, soprattutto ornitologiche. Fu in questo periodo formativo che Orazio apprese le arti della tassidermia scientifica, ossia della conservazione di spoglie animali a fini di studio.

Lontano da Perugia!

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Campagna romana - Massimo d'Azeglio (1798-1886)

Dopo l’abbandono degli studi al Collegio di San Pietro l’Antinori trascorse vari anni a Perugia, dove svolse lavori manuali presso falegnamerie ed officine meccaniche, con il desiderio di svincolarsi sempre più dalla famiglia… ma la vita nella più profonda “provincia” dello Stato Pontificio, quale era l’Umbria dell’epoca, cominciò a pesargli sempre più. Così, anche a seguito dell’inasprirsi dei rapporti con il padre, nel 1837, Orazio decise di lasciare Perugia per trasferirsi a Roma.

Nella capitale pontificia l’Antinori riuscì ben presto ad entrare in contatto con gli ambienti intellettuali più vivi della città ed in particolare con vari esponenti della comunità scientifica capitolina, primo fra tutti Carlo Luciano Bonaparte (1803 - 1857), Principe di Canino. Grazie ai suoi forti interessi zoologici ed alle capacità tecniche nella conservazione dei campioni, il giovane naturalista umbro fu prescelto dal Bonaparte come “Custode generale” ed “Imbalsamatore” del proprio “Gabinetto scientifico”. Orazio collaborò con il Bonaparte anche nella pubblicazione di varie e famose opere.

Durante questa lunga e feconda fase di “vita romana”, presso la dimora del Bonaparte, Villa Paolina a Porta Pia, l’Antinori conobbe Lorenzo Landini, un esperto disegnatore di acquerelli che poi lo seguirà in uno dei grandi viaggi africani.

Nel suo lungo “Periodo romano”, l’Antinori ebbe modo di visitare numerose località di notevole interesse naturalistico, soprattutto nelle basse colline della “Campagna romana”, nei Colli Albani e nelle pianure costiere tirreniche, tra paludi salmastre e folte macchie mediterranee.

"Politicamente" impegnato

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Battaglia di Pastrengo

Nonostante i tanti interessi ed impegni in ambito scientifico-naturalistico, l’Antinori non trascurò le grandi problematiche politiche e sociali del suo tempo, un’epoca di grandi fermenti e di movimenti rivoluzionari che interessarono gran parte dell’Europa.

Vicino alle idee di Giuseppe Mazzini e fervente sostenitore dell’unità d’Italia il nostro naturalista si arruolò nel 1848 come ufficiale nell’esercito pontificio per combattere nel Veneto contro le armate austriache. A Cornuda, nei colli vicentini, in uno scontro con le truppe austriache guidate dal maresciallo Laval Nugent di Westmeath, l’Antinori fu gravemente ferito al braccio destro.

Rientrato a Roma Orazio continuò ad impegnarsi politicamente a sostegno della causa liberale e con la fuga del papa Pio IX venne eletto deputato della Costituente della Repubblica Romana. Tale incarico ebbe però vita breve, perché con l’ingresso a Roma delle truppe d’occupazione francesi del generale Victor Oudinot, l’Antinori che si distinse nella lotta armata in difesa della Repubblica Romana, fu costretto alla fuga… iniziò così un lungo esilio verso Oriente.





L’Oriente

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L'Impero ottomano, 1801

In fuga dall’Italia, verso Oriente, Orazio Antinori approdò in Grecia dove trascorse la prima parte del suo lungo esilio. Stabilitosi ad Atene, pur trovandosi in situazioni finanziarie avverse, quasi ai limiti della sopravvivenza, senza attività lavorative regolari e con infiniti problemi d’ogni tipo, riuscì a trovare tempi e modi per visitare varie regioni della penisola ellenica e non poche isole del Mediterraneo orientale, tra le quali Creta e Cipro. Iniziò così per Orazio il lungo “viaggio” alla scoperta di “altre” realtà naturali.

Il richiamo dell’Oriente, sempre più forte ed insistente, spinse l’Antinori a lasciare Atene e la Grecia per stabilirsi in Turchia. Dopo una breve tappa ad Istanbul, allora capitale del vasto e potente Impero Ottomano, dove Orazio rimase affascinato dallo splendore del patrimonio monumentale ed artistico della grande città, si stabilì a Smirne (Izmir). Qui, in collaborazione con Guido Gozembach, console svizzero a Smirne, Orazio fondò una ditta specializzata nella raccolta ed esportazione di campioni di storia naturale per rifornire i musei naturalistici europei. Così egli ebbe modo di spingersi nei territori interni dell’Asia Minore, dagli altopiani stepposi dell’Anatolia sino alle aspre montagne del Kurdistan e poi molto più a Sud, in Siria e Palestina.

Durante questi viaggi di lavoro si dischiusero agli occhi dell’Antinori sempre più diverse ed “esotiche” realtà ambientali, flore e faune a lui sconosciute, ricche sia di forme di origine eurasiatica e mediterranea che di origine afrotropicale ed orientale, prime “avanguardie” dei Tropici ancora lontani. Queste “spedizioni” permisero al nostro naturalista di penetrare per la prima volta in un mondo di biodiversità realmente “altro”!

Egitto e Sudan… risalendo il Nilo

tempio di Abu Simbel
Tempio di Abu Simbel

Nel 1858 l’Antinori, per motivi non ben conosciuti, si ritirò dal lavoro con il Gozembach e lasciò Smirne per trasferirsi in Egitto. Nello stesso anno in cui a Perugia si preparava il terreno per la rivolta cittadina contro l’oppressione pontificia, il nostro “viaggiatore” pose i propri piedi, per la prima volta, sul suolo africano… e per lui si aprì una nuova e straordinaria strada di grandi avventure!

Stabilitosi al Cairo, Orazio rimase affascinato dalle tante meraviglie della civiltà islamica, in particolare dalle arti ma anche dai costumi e dalle usanze della popolazione locale, riuscendo ad entrare in tale sintonia con quel variopinto mondo tanto da confondersi… in “panni arabi” con la folla dei quartieri più popolari della città vecchia. Dal Cairo l’Antinori effettuò varie escursioni e visitò non poche aree archeologiche alla “scoperta” delle meraviglie della grande civiltà dell’Antico Egitto, poi si decise a lasciare l’estremo Nord-est del continente africano per spingersi sempre più a Sud, risalendo contro corrente le acque del Nilo, verso il Sudan.

Superata la Nubia, Orazio raggiunse la città di Khartoum, all’epoca un centro cosmopolita, rifugio e base di “avventurieri” da ogni dove in cerca di “fortune africane”. Qui conobbe vari europei, dediti alle più disparate attività, dal commercio dell’avorio a quello delle piume di struzzo o di pietre preziose, dai servizi nautici fluviali alla “caccia grossa”, con alcuni dei quali viaggiò nelle remote regioni del Sennaar e del Darfur.



Verso il “cuore” del continente

Foto antica d'imbarcazioni a Karthum
Khartum
Pallude_dello_Sudan
Paludi dello Sudan

Nel 1860 l’Antinori, il savoiardo Alessandro Vayssière ed il lucchese Carlo Piaggia, lasciarono Khartoum per dirigersi verso Sud, con l’intento di raggiungere il vero “cuore” del continente… nella misteriosa “Terra dei Nyam-Nyam” (Azande). In un viaggio durato vari mesi, la spedizione risalì il Nilo Bianco sino alla confluenza con il Bahr el Ghazal, immergendosi in un mondo di grandi fiumi, paludi e distese di papiri a perdita d’occhio, in regioni abitate da popolazioni pastorali nilotiche come i Nuer, i Dinka, gli Shilluk, i Bari.

Purtroppo, a causa delle insistenti piogge e delle febbri malariche, dopo la morte del Vayssière, l’Antinori fu costretto a fermarsi alla latitudine di Nguri, il punto più meridionale mai raggiunto nel corso dei Suoi tanti viaggi, per poi tornare a Khartoum, stanco e stremato. Così il nostro Orazio non riuscì a raggiungere la “Terra dei Nyam-Nyam” cosa che invece fece il Carlo Piaggia, qualche anno più tardi, da solo!

Il rientro in Italia

L'Italia nello 1861
L'Italia nello 1861

Nel 1861, mutate le situazioni politiche italiane, l’Antinori chiuse il lungo periodo di esilio, da Khartoum raggiunse il Cairo per poi lasciare l’Egitto alla volta del nuovo Regno di Casa Savoia. Stabilitosi a Torino, pur con non poche difficoltà, si inserì negli ambienti culturali e scientifici della città. Nel “periodo torinese” si iscrisse alla Massoneria. Nonostante i vari impegni di lavoro e politici, l’Antinori continuò a viaggiare, soprattutto alla ricerca di campioni naturalistici per incrementare le sue sempre più ricche collezioni, così nel 1863 partì per la Sardegna, in compagnia del grande ornitologo Tommaso Salvadori (1835 - 1923), riportando nel “continente” non pochi campioni ornitologici, tra i quali uno splendido esemplare di Pollo sultano (Porphyrio porphyrio), un Rallide ancora oggi presente negli stagni sardi, ma divenuto molto raro e localizzato.

Nel 1866 lasciò nuovamente l’Italia, per recarsi in Tunisia, dove visitò numerose località archeologiche di epoca punica e romana, oltre che raccogliere campioni zoologici per le sue collezioni. Oggi, gran parte di tali campioni sono conservati nelle raccolte del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino.

Rientrato in Italia, lasciò Torino per trasferirsi a Firenze, nuova capitale del Regno, dove si impegnò, insieme con Cristoforo Negri (1809 - 1923) e Cesare Correnti (1815 - 1888), nella fondazione della Società Geografica Italiana.

Di nuovo in Africa Nord-orientale

Foto antica dello canale di Suez
Il canale di Suez
Foto antica delle piramide di Gizah
Le piramide di Gizah

Nel 1869 l’Antinori fu scelto come rappresentante ufficiale del Regno d’Italia per partecipare alla solenne inaugurazione del Canale di Suez e così poté tornare di nuovo in Africa. Terminate le celebrazioni inaugurali, Orazio si stabilì ancora una volta al Cairo, da dove effettuò nuovi viaggi in varie località e regioni dell’Egitto. Dopo avere visitato le aree archeologiche di Gizah e Saqqarah, l’Antinori seguì il Nilo fino alla Nubia dove organizzò numerose escursioni in regioni desertiche del Sahara orientale.















Viaggio nel Paese dei Bogos

Legenda

Nel 1870, in compagnia del geologo e naturalista Arturo Issel (1842 - 1922) e del botanico fiorentino Odoardo Beccari, l’Antinori si imbarcò a Suez per un lungo viaggio nelle acque del Mar Rosso sino ad approdare ad Assab prima e poi a Massaua, nelle coste dell’Eritrea (dominio egiziano su mandato turco). Da Massaua il piccolo gruppo si inoltrò verso l’interno, attraversando le aride pianure costiere, per poi inerpicarsi sugli aspri contrafforti degli altipiani dell’Eritrea e raggiungere Keren ed il “Territorio dei Bogos” (Bileni), una popolazione di lingua cuscitica e con una economia agro-pastorale.

Dopo 19 mesi trascorsi in Eritrea l’Antinori, nel 1871, lasciò Keren alla volta di Massaua, dove si trattenne per quasi due mesi, in attesa di un piroscafo diretto verso Suez. Durante la permanenza a Massaua il nostro naturalista approfittò dell’ottima occasione di risiedere sulle rive di uno dei mari più ricchi di vita dell’intero pianeta organizzando escursioni e brevi viaggi sui tradizionali velieri locali alla scoperta della strabiliante biodiversità delle acque del Mar Rosso. Il 4 febbraio del 1872 si imbarcò per Suez per poi rientrare in Italia nel marzo 1872.

Ritorno in Tunisia

foto antica d'antica città romana
Vestigi romani
foto antica d'oasi
Oasi

Rientrato in Italia nel 1872 l’Antinori si ristabilì a Firenze per svolgere varie mansioni nell’ambito della Società Geografica Italiana. Quando la sede della Società fu trasferita a Roma, divenuta capitale del Regno d’Italia, Orazio vi si insediò, continuando a dedicarsi ad attività d’ufficio, dalla quale presto cominciò a manifestare insofferenza reclamando nuovi viaggi e nuove esperienze.

Così dal maggio al luglio del 1875 l’Antinori fu a capo di una missione scientifica della Società Geografica Italiana nella regione degli “Chotts” della Tunisia meridionale. Tra i vari partecipanti alla spedizione tunisina figurarono anche il chimico ed appassionato cultore di Storia Naturale Giuseppe Bellucci (1844 - 1921) ed il fotografo Lodovico Tuminello (1824 - 1907) che documentò l’intera missione con un interessante reportage fotografico. Durante tale trasferta il nostro Orazio visitò numerose oasi e compì non poche escursioni nelle aree desertiche circostanti, recuperando campioni della fauna sahariana.





L'ultimo grande viaggio…

Legenda
antica foto di nave
Aden

Appena rientrato a Roma dal breve viaggio in Tunisia, l’Antinori si rimise nuovamente al lavoro per cercare di ottenere dalla Società Geografica Italiana tutte le autorizzazioni ed i finanziamenti per organizzare una grande spedizione che dal Corno d’Africa avrebbe potuto spingersi fino alle più remote regioni equatoriali del continente, nell’area dei grandi laghi dell’Africa orientale.

Dopo numerose difficoltà di ordine burocratico ed amministrativo il nostro naturalista riuscì ad ottenere i tanto desiderati permessi e così nel marzo 1876 si imbarcò a Napoli diretto a Suez ed al Mar Rosso. Approdato ad Aden, nell’omonimo golfo che dallo Stretto di Bab al Mandeb si apre verso l’Oceano Indiano, Orazio si imbarcò per Zeila, nelle coste settentrionali della Somalia.

Da qui, dopo vari mesi di attesa, dovuti ai rapporti problematici con le autorità locali, in particolare con l’Emiro di Zeila, Abu Bakr, la spedizione poté finalmente lasciare le coste, con una “carovana” costituita da 70 dromedari, per inoltrarsi nelle regioni interne del Corno d’Africa, con l’intento di raggiungere gli Altopiani d’Abissinia.



... il regno di Shewa!

Accampamento reale di Liccé

La traversata dei territori dei Somali Issa e poi dei Dancali, o Afar, fu lunga e difficile, soprattutto per l’estrema asprezza delle condizioni climatiche ed ambientali del bassopiano meridionale della Dancalia e per l’ostilità delle locali tribù nomadi.

Nonostante tali e tante difficoltà la “carovana” riuscì a raggiungere le sponde del Fiume Awàsh, confine orientale dell’antico Regno di Shewa. Con un turbolento guado notturno del fiume, per sfuggire ad un possibile assalto dei Dancali, il gruppo mise piede nel territorio governato dal Negus Menelik, allora sovrano dello Shewa.

Dopo il primo incontro con il Negus, nell’accampamento reale di Liccé, l’Antinori risiedette in Ankober per alcuni mesi, ospite del sovrano. Dopo un incidente di caccia che gli procurò una grave ferita alla mano destra, il Negus Menelik offrì ad Orazio l’opportunità di trascorrere la convalescenza nel territorio di Lét Marefià, dove il nostro naturalista fondò nel 1877 la prima Stazione Italiana di Studi Geografici in Africa.

Lét Marefià

stazione_Let_marefia.jpg
Legenda

Nel verde pianoro di Lét Marefià, disteso lungo la scarpata montuosa che dagli altipiani dello Shewa precipita verso la valle del fiume Awàsh, l’Antinori edificò diverse strutture da adibire a foresteria e a servizi vari per gli esploratori europei di passaggio nella zona, un laboratorio di tassidermia ed un magazzino per la raccolta e conservazione dei campioni naturalistici.

Durante la permanenza a Lét Marefià l’Antinori, oltre alle numerosissime escursioni sui territori circostanti, come nelle aree forestali di Fekherié Ghémb, Déns, Ashkaléna, Mahàl Wònz e le vicine vallate, riuscì ad organizzare varie spedizioni in diverse regioni dell’Etiopia centrale che lo portarono a visitare località remote e quasi sconosciute ai viaggiatori europei dell’epoca, come le Gole di Debre Lìbanos, il territorio degli Hadda Galla, i laghi vulcanici di Bishoftu, il Monte Zuqualà. Dalla sommità di questo imponente rilievo vulcanico, (2.989 m s.l.m.), il nostro naturalista poté tracciare le linee cartografiche di base di un grande bacino lacustre, il Lago Zeway, disteso con una superficie di 434 kmq e ad una quota di 1.846 m s.l.m. sul fondo della sottostante Rift Valley, all’epoca del tutto sconosciuto ai geografi europei.

...

foto del sicomoro oggi
Il sicomoro

Gli anni trascorsi nel Regno di Shewa, dal 1876 sino al 1882, risultarono estremamente significativi ed interessanti per l’Antinori, anche se funestati da problemi politici legati ai dissidi tra il Re dello Shewa Menelik e l’Imperatore d’Etiopia Yohannes IV, che minarono, più volte, l’esistenza stessa della Stazione Geografica Italiana. Inoltre, il rapimento degli amici e collaboratori dell’Antinori, Antonio Cecchi e Giovanni Chiarini, da parte della sovrana del Regno di Ghéra, durante una loro spedizione nei remoti territori a Sud dello Shewa, rese ancora più difficile la situazione del naturalista perugino che pure si dovette prodigare assai per la loro liberazione, implorando aiuto alle più diverse autorità locali. Antinori riuscì a contribuire alla liberazione del solo Antonio Cecchi, visto che Giovanni Chiarini morì in prigionia il 5 ottobre del 1879.

Nonostante le difficoltà legate all’ormai anziana età, ai postumi del grave incidente alla mano destra ed a tutto il resto, l’Antinori continuò a reggere le avversità legandosi sempre più a Lét Marefià con il preciso intento di rendere la Stazione Geografica realmente un luogo di studio e di ricerca, capace di svolgere un ruolo di piena centralità nelle attività esplorative delle regioni più interne dell’Africa Nord-orientale. Orazio Antinori proseguì il suo lavoro di naturalista ed esploratore nel Regno di Shewa fino al giorno della morte, il 26 agosto del 1882, all’età di 71 anni. Il suo corpo, per espressa volontà del perugino, fu sepolto sotto un grande e vetusto albero di Sicomoro, al centro del pianoro di Lét Marefià… dove ancora oggi riposano le spoglie del vecchio “ferénghi”, all’ombra di quel colosso arboreo.

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